Nel mio percorso, fatto in rampichino, sono passato davanti a un'antica "Giassara" che, come si può capire dal nome, serviva per contenere il ghiaccio e conservarlo fino all'estate. Questa che si vede è stata conservata e valorizzata dalla descrizione dettagliata, con figure e foto, di come veniva eseguito questo lavoro che era una rilevante fonte di reddito per i 'montanari' di allora (fino agli anni trenta). Se avete un po' di pazienza potete leggere tutto il procedimento (credo che la foto sia leggibile). In breve dirò che accanto a queste "giassare" c'era un avallamento che raccoglieva l'acqua piovana. Quando in inverno si ghiacciava ben-bene si segava il ghiaccio in lastroni, e si calavano all'interno isolandoli con paglia. Poi se l'inverno era abbastanza rigido e se c'era abbastanza acqua, si faceva un secondo taglio. Nei migliori inverni, si fa per dire, si poteva eseguire addirittura il terzo taglio. Così mi era stato detto tanti anni fa daa un anziano del posto. Poi, all'estate, il ghiaccio veniva estratto e portato dai carrettieri, in pianura per essere venduto.
Un'altra tappa del mio 'giretto' in rampichino l'ho fatta davanti a
questo capitello, che mi ha appunto ispirato il titolo per questo
'post'!

Ho abbinato queste due testimonianze che rivelano la povertà, ma anche la gran voglia di lavorare dei nostri nonni (e bisnonni). Ciao a tutti. Gaetano.